L’Inula viscosa contro la varroa

Alcuni studi hanno verificato che l’essenza di Inula viscosa è efficace per combattere un importante nonchè temibile parassita delle api: la Varroa destructor. L’ape è un insetto di grande importanza sia ambientale, in quanto è un instancabile impollinatore, che economica, poichè la produzione mondiale di miele nel 2018 si attesta, secondo i dati FAO, è stata di circa 1,86 milioni di tonnellate, senza contare prodotti secondari come la pappa reale, il propoli e la cera d’api.

Apis mellifera ricoperta di polline

Senza le api (sono oltre 20mila le specie in tutto il mondo) molte piante si estinguerebbero e gli attuali livelli di produttività potrebbero essere mantenuti solamente ad altissimi costi attraverso l’impollinazione artificiale.

 

Piccoli gioielli della natura

Le api posseggono un corpo che si suddivide in capo, torace e addome. Sulla testa hanno due antenne che le permettono di percepire oggetti e sapori. Sul torace sono posizionate le ali e le sei zampe con cui viene raccolto il polline. In fondo all’addome è posto un pungiglione, che le api usano solo per difendere la famiglia o loro stesse. L’alveare è dove vivono le colonie d’api. Un alveare è composto da favi, che sono delle costruzioni in cera d’api suddivise in piccole celle esagonali.

Favi con celle esagonali

L’esagono risulta il miglior compromesso tra un cerchio e un poligono, perché è la figura geometrica col più alto numero di lati che riempie uniformemente un piano e richiede perciò poca cera (perché ogni lato è in comune con una cella vicina).

Gerarchie e compiti

L’alveare è un perfetto sistema di profondi legami fra i vari individui. Esiste una regina, esemplare femmina visibilmente più grossa delle altre api, che nasce da un uovo fecondato posto nella cella reale. La regina, già dallo stadio larvale, verrà nutrita dalle api operaie solo con la nutriente pappa reale. La regina si occupa fondamentalmente della deposizione delle uova, mentre il resto dei compiti è delegato alle api operaie: esemplari femmine non fertili, nate da un uovo fecondato. Infine nell’alveare troviamo i fuchi: esemplari maschi, che nascono da un uovo non fecondato e sono più grossi, tozzi e pelosi di un’ape operaia. Si trovano nell’alveare da maggio a fine agosto in un numero che varia da 2.000 a 4.000. Durante il volo nuziale fecondano la regina, non partecipano alla raccolta del nettare e del polline e vengono allontanati dall’alveare dalle operaie a fine stagione.

La distruttrice

Varroa destructor

Le api, come tanti altri animali, sono soggette a parassitosi. Fra i parassiti delle api, va sicuramente ricordata la Varroa destructor (precedentemente identificata come Varroa jacobsoni), un acaro parassita esterno delle api mellifere. Si nutre di emolinfa e tessuti adiposi delle larve delle api all’interno delle celle della covata e penetra nella pelle intersegmentale addominale delle api adulte.

L’origine del problema

La V. destructor si è diffusa al di fuori del suo areale nativo (probabilmente le Filippine) negli anni ’60, colonizzando altre aree dopo essere passato con successo dall’ospite originale, l’ape orientale, all’ape occidentale, a cui ora è altamente adattato. Decenni dopo, la V. destructor è presente nella maggior parte dei paesi sfruttando il suo ospite, l’ape mellifera, e altri insetti, come bombi, scarabei e mosche dei fiori,

Varroa su un’ape

che pur non venendo parassitati, hanno favorito la diffusione. La varroosi, chiamata anche varroatosi, è stata considerata la più grande minaccia per l’apicoltura mondiale. Tradizionalmente questa malattia è stata definita come l’infestazione delle api mellifere da Varroa spp.

Identikit

L’acaro femmina di V. destructor è di colore bruno/rossastro scuro ed ha un corpo di forma ovale di circa 1,1 mm di lunghezza, ricoperto di peli corti (setae). I maschi sono più piccoli delle femmine, con forma a pera triangolare e di colore bianco/giallo chiaro. Anche gli stadi immaturi sono bianco/crema. Tutte le fasi del parassita possono essere viste ad occhio nudo. I virus si replicano all’interno dell’acaro che li trasmette, durante il nutrimento, all’ape parassitata. L’acaro può innescare anche la replicazione di virus latenti già presenti nelle api mellifere, agendo come attivatore di infezioni virali endogene.

Due fasi

Il ciclo vitale delle femmine di V. destructor si compone di due fasi distinte: la fase di dispersione, in cui l’acaro parassita le api adulte, cogliendone l’occasione per utilizzarle come mezzo di trasporto all’interno della colonia o tra colonie, e la fase riproduttiva, in cui gli acari parassitano le uova e le larve delle api. Gli acari maschi hanno una vita breve e possono essere trovati solo all’interno delle celle sigillate durante la fase riproduttiva. La V. destructor può essere trovata tra la testa e il torace o tra il torace e l’addome dell’ape parassitata.

Maturità precoce

La fase riproduttiva inizia quando l’acaro femmina, guidato da specifici segnali, lascia l’ape adulta ospite e invade la cella di covata adatta, appena prima della tappatura. E’ stato notato che la V. destructor preferisce la covata di fuchi. Dopo l’invasione del cella, la femmina di varroa rimane immobile nella parte inferiore della cella, attendendo che venga sigillata e che le larve abbiano consumato il resto del cibo. Quindi l’acaro femmina inizia a nutrirsi delle larve delle api e inizia la deposizione delle uova con un uovo maschio (non fecondato) e fino a sei uova femmine (fecondate).

Incesti pericolosi

Le uova si schiudono poche ore dopo la deposizione e gli individui passano a diventare sessualmente maturi dopo circa una settimana. Durante questo periodo, i giovani di varroa consumano ripetutamente l’emolinfa e i tessuti del corpo grasso delle pupe che si sviluppano nella cella. Non appena la prima femmina raggiunge la maturità sessuale il maschio si accoppia con essa, fino a quando la femmina successiva non sarà matura. Una volta che l’ape ha completato il suo sviluppo e si schiude, le giovani femmine e la madre emergono dalla cella della covata con l’ape che sfarfalla. Gli acari figli immaturi e l’acaro maschio moriranno.

Danni

Individui di un alveare morti

Le femmine di varroa adulte possono essere trasmesse tra singole api mellifere all’interno della stessa colonia o potrebbero persino essere diffuse ad una nuova colonia ospite attraverso lo spostamento degli individui dell’alveare. A livello individuale, gli effetti patogeni diretti delle attività di alimentazione dell’acaro sono:

  • lesioni alla cuticola;
  • sostanziale impoverimento dell’emolinfa e dei tessuti adiposi;
  • compromissione del sistema immunitario, essendo la covata lo stadio ospite più sensibile.

Le api parassitate allo stadio adulto vengono danneggiate solo se l’infestazione è grave. Le api operaie parassitate hanno una vita più breve, iniziano a cercare cibo prima e hanno una ridotta capacità di apprendimento non associativo, orientamento e capacità di ritorno a casa.

Infezioni collaterali

Durante l’alimentazione la V. destructor trasmette anche pericolosi virus: tra questi ricordiamo il virus dell’ala deformata, il virus della paralisi acuta delle api, il virus della paralisi acuta israeliana e il virus delle api del Kashmir. Durante la fase di dispersione l’acaro può acquisire particelle virali da api infettate e quindi, quando parassiterà l’ape o la larva successiva, potrà iniettare direttamente questi virus nell’ospite. Senza trattamento della colonia di api mellifere, il numero di parassiti aumenta costantemente con la crescita della popolazione di api e la sua crescente attività della covata portano al collasso della colonia entro 1-4 anni. I segni clinici di infestazione che si verificano principalmente nella tarda stagione, sono un effetto di infezioni da virus piuttosto che l’effetto del parassitismo diretto dell’acaro stesso. La durata della vita dell’acaro dipende dalla temperatura e dall’umidità ma, in pratica, può sopravvivere da alcuni giorni a pochi mesi.

Investigatori nell’alveare

Per individuare il parassita all’interno dell’arnia sono state descritte diverse tecniche. Fra questi ricordiamo la ricerca di acari nel cassetto di fondo dell’arnia, l’esame degli adulti e della covata, l’esame dei detriti sul fondo dopo il trattamento con acaricida, il test dello zucchero a velo. Quest’ultimo, poco invasivo, prevede di isolare momentaneamente un quantitativo campione di api, per poi spolverarlo con dello zucchero a velo di buona qualità. Tale procedimento, fortemente suscettibile all’umidità, fa perdere la presa all’acaro che cadrà sul fondo e potrà essere analizzato.I ricercatori sono alla ricerca di prodotti che possano allontanare il parassita, senza andare ad interferire con la delicata armonia dell’alveare ne con la sensibile vitalità delle api.

Terapie naturali

La terapia con specifici trattamenti acaricidi anche associati a interventi di tecniche apistiche, come la rimozione della covata da fuco o il confinamento della regina seguito da trattamento acaricida, non sempre danno risultati soddisfacenti. Diversi sono i prodotti oggi utilizzati dagli apicoltori per la difesa delle api: i più utilizzati sono l’acido formico, l’acido ossalico, il timolo, che, seppur vengono considerati naturali, hanno delle conseguenze importanti sulle api. Un interessante aiuto può arrivare da una pianta che cresce naturalmente fra la flora mediterranea: l’Inula viscosa.

Una pianta dai mille usi

Fiori di I.viscosa della Fattoria Attanasio

L’Inula viscosa, rinominata Dittrichia viscosa, è un’ Asteracea, che viene coltivata presso la Fattoria Attanasio dal 2017, in modo sostenibile, senza l’utilizzo di pesticidi ne di anticrittogramici. L’I. viscosa è una pianta mellifera, particolarmente apprezzata dalle api che la utilizzano per il nutrimento dell’alveare, in quanto la sua fioritura tardiva è una fonte di nutrimento importante prima dell’inverno. Inoltre l’inula è una pianta che ospita, durante la sua fioritura, una grande varietà di insetti impollinatori, che aumentano significativamente la biodiversità in campo. Secondo importanti studi, i metaboliti presenti nell’I.viscosa possono essere di aiuto per contrastare l’attacco di varroa.

Nascondersi con l’odore

L’inula potrebbe avere un’azione di inibizione dei recettori posti sulle antenne e forse da verificare (sulle zampe) della varroa, che una volta inibiti non consentono alla varroa cieca di recepire i feromoni prodotti dalle api e quindi di spostarsi. Le varroe sembrano impazzite, stordite, ma generalmente sono vive.
Se è presente un po’ di inula, la varroa non va nella direzione in cui viene rilasciato il feromone delle api, ma si muove in modo circolare o addirittura va nella parte opposta. Quindi probabilmente l’odore di questa pianta può nascondere i feromoni delle api alle varroe che in questo modo non riescono più a individuarle.

Il protocollo con l’uso di inula fresca

L’I. viscosa su un portafavi

Gli studi del Dr. Domenico Prisa , ricercatore presso Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria, nonchè autore di numerosi studi sull’uso di tecniche innovative sostenibili e biologiche per la difesa e coltivazione delle piante e sull’ applicazione di microrganismi e biostimolanti in agricoltura,  hanno portato alla realizzazione di un protocollo per l’uso di inula fresca da utilizzare in caso di attacco da varroa. Il trattamento antivarroa del protocollo del dr. Domenico Prisa©, realizzato nel 2016, prevede di porre sui portafavi rametti di I.viscosa, completi di foglie e fiori, di 15-20 cm, spezzettati e sfregati con le mani. Tale pratica libera le sostanze aromatiche e i profumi presenti nelle parti della pianta, che vanno a contrastare l’attacco di varroa. Il protocollo prevede di occupare la maggior superficie possibile sui portafavi, con 10-15 pezzetti di I. viscosa distribuiti su tutta la superficie. Il trattamento va effettuato nel periodo di Agosto per ottenere il massimo del risultato, con 5 cicli da 4 giorni. Le famiglie di api trattate con il protocollo del dott. Domenico Prisa©, dopo due anni non hanno mai manifestato perdite.

Profumi contro il nemico

E’ stata valutata la possibilità che l’odore dell’inula possa creare problemi nella comunicazione fra le api, ma non è stato riscontrato nessun problema e mai nessuna morte sulle api trattate. L’ape infatti diffonde i feromoni sia per via aerea, ma anche leccando i vari individui e potrebbe in questo modo bypassare l’effetto balsamico dell’inula, cosa che invece la varroa non riesce a fare. L’odore pungente che viene prodotto dallo sfregamento delle foglie, degli steli e dei fiori, sembra creare disorientamento nelle varroe che cadono giu a centinaia (ancora vive). Probabilmente perchè l’odore dell’inula nasconde i feromoni che gli permettono di raggiungere le api. Già dopo un’ora dall’inizio del trattamento si possono notare sul fondo varroe cadute in movimento.

Conclusioni

Gli studi effettuati sulle api infestate dalla varroa e trattate con I.viscosa fresca del Protocollo del dr. Domenico Prisa©, hanno mostrato indubbi benefici e importanti vantaggi. Inoltre, i suddetti studi sono stati il punto di partenza per la formulazione e realizzazione di un prodotto per la cura della varroosi, che è parte integrante del progetto di estrazione a freddo del succo di Inula viscosa della Fattoria Attanasio, che da sempre si impegna nella ricerca, sperimentazione e innovazione in agricoltura e architettura.

Sitografia

https://www.salute.gov.it/portale/sanitaAnimale/dettaglioContenutiSanitaAnimale.jsp?lingua=italiano&id=256&tab=1

https://domenicoprisa.com/

https://www.3bee.it

Bibliografia

Varrosis of honey bees” ( documento OIE)

AGRICOLTURA MICRONATURALE®. A COSA SERVE L’INULA VISCOSA? QUALI SONO I SUOI UTILIZZI? IN APICOLTURA PER COSA SI PUO’ UTILIZZARE? di Dr. Domenico Prisa

Apicoltura biologica. Metodi di difesa naturali delle api contro varroa destructor di Dr. D. Prisa

Difesa delle api (varroa, nosema, peste) con metodi innovativi biologici di Dr. Domenico Prisa

Photo

mondoapi.it

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